La vittima del narcisista patologico e dello psicopatico: la caduta del velo nero

La vittima di una relazione violenta va incontro ad un mutamento del proprio essere.In particolare, le persone che nella propria vita hanno subito la presenza di un narcisista patologico o di uno psicopatico attraverseranno le fasi acute di dolore, di ansia, di incredulità. Saranno costrette prima o poi ad aprire gli occhi davanti ad una realtà atroce, che a lungo avevano rifiutato di accettare: che il soggetto fosse davvero malvagio, davvero consapevole del male che compiva, davvero incapace di sentire quell’amore che mimava così bene da farlo apparire vero, unico e grande.

                                                                                                                      caduta velo

Sorrido di me, del mio saper togliere ombre, del mio passo certo.

Sorrido di me, del mio occhio terzo, infallibile anche quando non vorrei

                                                                                                                                            M.M.

La vittima di una relazione violenta va incontro ad un mutamento del proprio essere.In particolare, le persone che nella propria vita hanno subito la presenza di un narcisista patologico o di uno psicopatico attraverseranno le fasi acute di dolore, di ansia, di incredulità. Saranno costrette prima o poi ad aprire gli occhi davanti ad una realtà atroce, che a lungo avevano rifiutato di accettare: che il soggetto fosse davvero malvagio, davvero consapevole del male che compiva, davvero incapace di sentire quell’amore che mimava così bene da farlo apparire vero, unico e grande.

Il verbo sembrare è forse quello che più descrive la relazione affettiva con i narcisisti patologici e gli psicopatici : sembrava amore, ma non lo era, sembrava dolce, ma non lo era, sembrava pentito ma non lo era, sembrava sofferente ma non lo era, sembrava una persona valida nel lavoro, ma non lo era, sembrava dolce con i bambini, ma non lo era, sembrava un collega disponibile, ma non lo era, sembrava affidabile, ma non lo era, sembrava gli piacessimo, sembrava potesse cambiare, sembrava…sembrava…sembrava.

Le persone coinvolte in una simile giostra sperimenteranno una sistematica erosione quotidiana della propria identità, autostima, capacità reattiva, capacità professionale, capacità patrimoniale. Questi soggetti disturbati, crudeli ed insensibili vanno dritti alla distruzione del malcapitato, senza sosta, senza ripensamento e senza scrupolo. I miglioramenti sono apparenti, i ripensamenti sono apparenti, le promesse sono poco più che barzellette.

Ciò che rende questo gioco al massacro più devastante è che sia assolutamente ben celato, invisibile agli altri, cosicché nessuno sembra dar retta alla vittima, pochi credono a ciò che stia vivendo e questo aumenta in modo grave il suo isolamento psicologico ed emotivo.

In ogni caso, presa coscienza di chi si abbia avuto di fronte, vissuto lo schock iniziale, cercato e trovato un supporto in terapeuti, gruppi di autoaiuto, amici illuminati, familiari affettivi, inizia il percorso di uscita dal tunnel della devastazione e della dipendenza affettiva. Mesi e mesi di sofferenza, mesi e mesi di passi avanti ed indietro, di autocolpevolizzazioni e rabbia e di timidi movimenti verso se stessi; una iscrizione in palestra dopo anni, un nuovo corteggiatore, una nuova modalità di porsi al lavoro, un reset delle proprie capacità professionali, la ricerca della propria interiorità. Si tratta di un viaggio lento, difficile ed anche pieno di speranza.

Poi, come descritto nell’articolo il velo nero della vittima, si è fuori, alla luce, finalmente fuori. Lo si vorrebbe gridare al mondo,ehi, ce l’ho fatta, puoi farcela anche tu”. Eppure, se ci si guarda allo specchio, si vede ancora un velo nero che avvolge il corpo, il cuore, l’anima.

Ma è proprio questo il destino delle vittime dei predatori e dei vampiri emotivi? Siamo certi che la migliore prospettiva di vita sia essersi liberati di loro o aver imparato a gestirli nei casi in cui per forza si è costretti a frequentarli ma tuttavia si debba indossare per sempre questo velo? Possibile che questa condizione sia il massimo che ci si possa aspettare ormai? Sarà vero che non si crederà più nei rapporti? Davvero si vivrà assestandosi sul grado di sufficienza, apprezzando che finalmente accanto a noi non ci sia più chi ci ha violentato psicologicamente o sessualmente? Il massimo scopo raggiunto è davvero che nessuno ci picchierà più, svuoterà il conto corrente, romperà i piatti per una minestra sciapa? Quindi, il futuro dei sopravvissuti sarà accontentarsi? Rinunciare ad esporsi? O possibile che, al contrario, saranno costretti ad inseguire ovunque la conferma al loro valore, buttandosi su qualsiasi essere gli dia attenzione? Possibile che continueranno a non scegliere chi è degno di loro?

La risposta è no. Non è detto. Non deve finire per forza in questo modo.

LA CADUTA DEL VELO NERO

Per alcune vittime, l’esperienza traumatica comporta un cambiamento positivo di rotta. Alcune iniziano percorsi nuovi che non immaginavano potessero nemmeno esistere. Esse sviluppano una creatività mai emersa prima, dipingono, scrivono, suonano, danzano. Altre trasformano l’incubo in una occasione per sostenere chi è ancora nel baratro. Scrittori, giornalisti, volontari nel sociale, un esercito che si muove rumoroso e saldo nel mondo, un esercito di sopravvissuti che ha guardato negli occhi la cattiveria, la malvagità, l’anaffettività e le ha vinte.

Le persone che hanno attraversato l’inferno di una relazione malata e che, una volta interrotto il circuito disfunzionale, non si sono rassegnate ad una non-vita, posseggono il terzo occhio e sanno vedere e riconoscere il vero volto delle persone, al di là della maschera.

Il terzo occhio non è quella tendenza iniziale a diffidare di tutto e tutti, il lieve stato di paranoia ed ansia che assale ad ogni nuovo incontro, ma è la acquisita capacità di saper attendere che il tempo disveli l’autentica natura delle persone e delle situazioni. Il terzo occhio è il risveglio dallo stato di crocerossina dei violenti, parassiti o dallo stato di principessa che vede in ogni rospo che sorride l’omino azzurro che la salverà.

La vittima senza velo nero sa che la dignità non può essere rinnegata, sa che non dovrà dipendere da nessuno e sotto nessun profilo, sa che è giusto affidarsi agli altri ma gli altri sono scelti con cura e che vi sono confini invalicabili.

La vittima senza velo nero sa che bisogna andar via, se è necessario, conosce ogni segnale, dà credito al proprio istinto come fosse un amico fedele.

E’ vero che non è possibile tornare indietro, che non è possibile riappropriarsi di quella persona che si era prima di aver incontrato il carnefice, ma non crediate che il dolore o la paura debbano inevitabilmente accompagnarvi o che avrete una esistenza grigia, piatta e triste.

Può essere invece il contrario: la vostra vita può cambiare in meglio.

Certamente, per molti sarà necessario un percorso di terapia psicologica, alcuni impiegheranno anni per ripulire dalle macerie lo scempio compiuto.

Sappiate però che si rinasce, ci si reinventa, ciascuno in base alle proprie attitudini. Un giorno, vi renderete conto di aver conosciuto qualcuno di importante che non avreste mai incontrato se non aveste vissuto quel dramma o accadrà qualcosa che non sarebbe mai avvenuto se non foste state chiuse nel labirinto e capirete, in quel preciso istante, capirete che lui/lei non ce l’hanno fatta a distruggervi, che siete più forti, e, ripensando al male sofferto, non proverete nulla se non un vago, lontano senso di fastidioso disgusto. Vi guarderete intorno e vedrete che ciò che vi circonda vi piace, sorriderete soddisfatte, ammirando ciò che di nuovo e vostro avete costruito e guardandovi allo specchio individuerete, nascosta in una piega sottile e quasi invisibile del viso, la violenza subita ma sarà una piega talmente piccola da scomparire inghiottita dall’onda calda del vostro nuovo sorriso.

Ecco, adesso  siete tornate da voi.

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7 pensieri riguardo “La vittima del narcisista patologico e dello psicopatico: la caduta del velo nero”

  1. Direi che il velo lo sto abbandonando

    La fase creativa c’è!

    Il saper gestire il np mi aiuta a guardare in avanti e mai indietro

    Il suo esserci apparentemente è pari al suo non esserci ovvero non mi scuote più, non mi interessa.

    Amo me stessa

    Amo la vita

    Mi amo perché non mi ha distrutta anzi mi ha fatto scoprire più forte

    Ho 41 anni, da ora in poi mi prendo per mano e cammino avanti

    Sono diventata selettiva nelle amicizie

    Sono diventata più egoista e regalo il mio tempo a chi effettivamente sento ne abbia di vero bisogno

    Grazie

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  2. Questo scritto è straordinario e mi ha fatto molto bene leggerlo…
    Ho capito che amavo un uomo che non esiste…un mito creato solo nella mia mente….
    Grazie!

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  3. Grazie. I tuoi articoli sono molto importanti. E’ come se nel buio della paura dell’incomprensione e dell’incredulità, una luce chiara, interna, ti permetta di proseguire il tuo cammino. Il risultato in me lo spiegherei così : è come se ciò che vivo, vedo, sento fosse rinforzato ma dall’interno. La conferma che tutto ciò che sta capitando, così crudele, così assurdo, incredibile, sia la realtà, è un dono. Una realtà terribile. Da cui ripartire. Consapevoli.
    Ti abbraccio.

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  4. Grazie di cuore Marina… hai aggiunto dei tasselli che mancavano e… ora so che c’è un “oltre” che non riuscivo più neanche a desiderare… Un abbraccio

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