e poi al re sfuggi la nera parola
e lei vide il volto di un’ombra senza confine
M.M.
Il narcisista perverso o lo psicopatico é cosciente delle proprie azioni? Sa di fare del male a chi lo ama? E’ consapevole di operare una distruzione sistematica della emotività dell’altro? Lo psicopatico o il narcisista patologico adottano sistemi di cattura, indebolimento, imprigionamento ed, infine, distruzione della vita altrui, dell’altrui fiducia, dell’altrui autostima. Spezzano i sogni e la capacità di difesa, deprogrammano la facoltà cognitiva, estraggono dalle ossa la linfa vitale e la creatività dell’altro, rinnegandone la nascita, bloccandone la vitalità.
Uno degli interrogativi più frequenti della vittima, una volta che si sia resa conto della situazione, una volta che, con l’animo a brandelli e la psiche frammentata, abbia ricomposto il puzzle, è: ma ne era consapevole ? Sapeva ciò che mi stava facendo ?
Una delle vittime ha deciso di raccontare cosa le è stato detto dal suo partner. Questo dialogo è realmente avvenuto, non è una invenzione e questo blog ringrazia la vittima, che lo ha vissuto e che ha subito durante questa relazione gravi abusi psicologici, per aver deciso di condividerlo e di aiutare chi oggi vive relazioni simili.
“Al tempo in cui avvenne il dialogo” racconta C. “ ero totalmente incastrata nella relazione, stavo male ma non riuscivo a capire cosa stesse accadendo. Intuivo che c’era qualcosa di diverso e di terribile ma non sapevo dargli un nome e brancolavo in una fitta nebbia”.
C. era profondamente innamorata di lui ma, come avviene in tutti i casi, non riusciva a dare un senso a quanto accadesse.
Una sera, C. ricevette una sua telefonata, l’ora era insolita. La conversazione iniziò come di consueto, con un miscuglio di parole. Una sorta di linguaggio in codice, in cui ogni frase aveva sempre un sotto testo ed un diverso e, spesso, inafferrabile senso. In realtà, quando C. si trovava a voler raccontare ad un’amica cosa si fossero detti, non riusciva a farlo perché quei discorsi erano vuoti e pieni insieme, travestiti. Era quasi un linguaggio in una lingua diversa, un linguaggio in cui il non detto era il vero dialogo ed il pronunciato la sua maschera.
Ma diversamente da tutte le altre volte, quella sera C. ascoltò’ qualcosa che le avrebbe fatto orrore.
Lui le disse con una voce strana, quasi metallica, una voce dal timbro sconosciuto: “tu non lo sai ma sei luce“. Lei sorridendo gli rispose “ luce ? In che senso sarei luce ?” lui continuò “ascolta, non ridere, ascolta bene perché non lo ripeterò più: attenta ai buchi neri“ C. lo interruppe “i buchi neri? Perché dovrei stare attenta ai buchi neri? Che stai dicendo?” Lui allora le disse “vedi tu sei luce, tu brilli e la tua luce si propaga ed i buchi neri allora ti individuano; non sto scherzando e tu devi cercare di capire“.
C. non capiva ma sentiva un tremore nelle ossa. Temette di dimenticare ciò che stava udendo, le capitava spesso ormai, si sentiva stanca, così prese un foglio ed una matita ed iniziò a trascrivere ciò che quell’uomo le stava dicendo.
“Esistono i buchi neri e cercano la luce per sopravvivere, non ne possono fare a meno. Tu sei luce, ne hai molta e li attrai“. C. si sentiva sempre più inquieta e gli chiese “ma chi sono i buchi neri e cosa vogliono?”
Lui le rispose: “i buchi neri sono esseri che hanno un vuoto incolmabile, senza fine e che non sopravvivono senza catturare la luce. Una volta che la hanno individuata, essi la attraggono e quando è vicina la inglobano. I buchi neri devono inglobarla e la inghiottono così sperano di trasformarsi loro stessi in luce. E più quella luce è grande e più fanno di tutto per poterla inghiottire e nutrirsene così ritengono di uscire dalla loro condizione di essere buchi neri“.
C. trascriveva tutto velocemente, non afferrava ancora il significato di quelle parole ma sapeva che un giorno le sarebbe stato utile poterle ricordare. “Ma i buchi neri amano la luce?”, gli chiese “no, un buco nero non sente nulla ma ha un irrefrenabile impulso: vuole quella luce, la vuole divorare e vuole diventare lei“. C. allora chiese “ma se il buco nero ingloba la luce, cosa sarà della luce?”. Lui le rispose “la luce non esisterà più. Stai attenta, devi imparare a riconoscerli e ad allontanarti perché se gli arrivi troppo vicino, ti attrarranno e ti ingloberanno. Tu sei luce, attrarrai sempre i buchi neri e sempre essi tenteranno di risucchiarti“.
A C. sembrava una conversazione surreale e tuttavia domandò: “se la luce fugge e si allontana cosa fa il buco nero?” Lui rispose subito “il buco nero farà di tutto pur di non perdere la luce e se non riuscirà a trattenerla nella sua orbita allora tenterà di distruggerla perché non può sopportare che essa graviti e splenda altrove. Devi stare attenta, perché i buchi neri sono molti“.
Quando la telefonata si concluse, C. rimase inginocchiata a terra con il foglio in mano e lo rilesse per tutta la notte; leggeva e rileggeva con gli occhi spalancati ed il cuore in tumulto. Non sapeva di essere luce ma soprattutto non sapeva nulla dei buchi neri e tuttavia sentiva che lui le aveva detto la verità, per la prima volta, sapeva cioè che, sebbene in apparenza la conversazione potesse essere sembrata farneticante ed assurda, era stata invece vera. Allora iniziò ad avere paura.
Lui non era un soggetto destabilizzato o dissociato, lui non era strano o isolato; al contrario, era una persona lucida, di grande intelligenza ed ottimamente inserita in società; rivestiva un alto livello professionale, godeva della incondizionata stima di colleghi e familiari, eccelleva in ogni cosa facesse, dal lavoro all’arte, allo sport: lui era un leader ed un punto di riferimento. Solo con C. aveva manifestato modalità malvagie e perverse, sottilmente perverse, inafferrabili e quasi inspiegabili.
A volte, C. aveva l’impressione di essere l’unica a conoscerlo davvero ed a vedere il suo vero volto, un volto sfigurato, un volto grigio e freddo, come quello dei morti; altre volte, C. credeva invece di stare impazzendo e di vedere cose inesistenti, frutto della sua immaginazione: iniziava a perdere la fiducia in se stessa, a rinnegare le sue sensazioni.
Quella notte però, lui le fece un regalo, l’unico: le confessò’ di essere un buco nero e quale fosse il suo obiettivo.
Ora C. sapeva di non essere pazza, sapeva di non essersi sbagliata e pur sentendosi prigioniera e debole, pur non avendo quelle informazioni che solo successivamente avrebbe appreso dai libri, ora sapeva chi aveva di fronte e cosa andava fatto: raccogliere le forze ed organizzare la fuga senza essere distrutta.
Uscire dal campo di attrazione del buco nero non fu semplice e richiese un’estrema lucidità, forza e strategia. Tuttavia, c’era in gioco qualcosa di molto serio: la propria sopravvivenza.
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